La brillantezza, la presentabilità del Cavaliere, perfino la sua insostenibile leggerezza, segnano il passo, si vanno perdendo dietro una telecamera troppo cruda per non rilevare la decadenza strutturale della forma, la noiosa ripetitività di uno statismo che non è mai stato tale.
Sì, perché qualcuno dei suoi ha parlato di "statista": qualche oca starnazzante del suo giardino che non sa nemmeno cosa sia uno statista; non ha mai ascoltato un discorso politico di un Einaudi, di Berlinguer, di un Moro, di un Togliatti, di un La Malfa. Le oche non sanno che uno statista non parla mai di se stesso e dei propri problemi personali, così come ha fatto il Cavaliere per quasi tutto il proprio videomessaggio. E, fra i suoi zerbini, stavolta uomini, c'è addirittura (Cicchitto) che ha parlato di spostamento dei problemi dal piano giudiziario a quello politico. Ma Silvio Berlusconi ha parlato solo del piano giudiziario e nel suo mezzo show televisivo da TV di quart'ordine non c'è nulla, davvero nulla di politico; nemmeno mezzo, abbozzato ragionamento che possa essere ricompreso in quel termine al contempo meraviglioso e odiato che si chiama politica. Nulla. Una giustapposizione di slogan e di mantra che formano un addensato di idee e mezze idee dure da capire e ancor più dure da digerire, per coloro che non sono minus habens come i suoi accoliti. Perché chiunque abbia un minimo di senno, capisce la differenza fra il senso della politica come ricerca del bene comune, e il non senso della proiezione del proprio smisurato ego, del personalismo più assoluto, nell'agone politico.
Se la politica ha ancora un senso, vero, verace, nudo, semplice, quello più auspicato da tutti, allora questo signore mummificato nella presenza e nelle idee, dopo tutto quello che ha detto o ha tentato di dire, dovrebbe trarre la più semplice e logica delle conclusioni: ritirarsi dal governo. Ma non ha il coraggio, e forse nemmeno la forza per farlo, per una semplice e incontrovertibile ragione: il suo interesse personale è sempre e comunque infinitamente superiore a qualsiasi idea di bene comune; e ora il suo interesse personale gli dice che non gli conviene provocare una crisi di governo. Tutto il resto è illusione, illusionismo, volatilità mediatica. Quando gli italiani, di destra o di sinistra che siano, capiranno che il bene comune non è la sommatoria di tanti piccoli interessi personali, piccoli o grandi che siano, produrremo nel nostro Paese il più grande dei balzi culturali in direzione della civiltà e dell'idea di società nel senso pieno del termine.
applauso immediato.
RispondiEliminaGrazie mille...;)
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