venerdì 3 agosto 2012

Nichi Vendola alla sagra dei Pier

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"Oh Vendolino vestito di nuovo come le brocche dei bianco-spini… come l’uccello venuto dal mare, che tra il ciliegio salta, e non sa ch’oltre Casini, Primarie e Bersani ci sia qualch’altra felicità…”! Ci perdoni il sommo poeta Pascoli per avere abusato dei suoi versi, ma se Vendola riscopre il bianco, è lecito per la nostra mente aprire il cassetto dei ricordi e tirare fuori questa ingenua e dolce poesia.

Com’è strano questo incalzare degli eventi. Vendola, paladino della sinistra non settaria e “socialmente utile”, abbraccia Pier Luigi Bersani e fa l’occhiolino all’UDC di Pier Ferdinando Casini. Ironicamente si chiede, e francamente ci poniamo la stessa domanda, che cosa possa avere a che fare il leader di SEL con Buttiglioni. Bella domanda davvero. Chissà perché ci piaceva l’idea che la risposta fosse “assolutamente nulla”. Ma (e c’è sempre un ma), l’ipotesi che i due potessero sedere allo stesso tavolo per discutere un’eventuale e (ahinoi!) possibile convergenza sui programmi, pare che non sia tanto fantascientifica. Nichi, infatti, mentre chiude la porta in faccia a Di Pietro dicendosi non interessato a porre “veti di principio” a “qualsivoglia alleanza”, (ma guarda! Quanto si dice la coerenza!), apre il portone a Casini & Co. Con la pretesa di dettare anche condizioni. Certo che sarebbe interessante vedere i suoi nuovi alleati (e non solo i filo-Vaticano dell’UDC ma anche i vetero-cattolici che albergano nel PD) accettare il “suo” Programma dove al primo posto campeggiano i diritti dei gay (dare alle coppie omosessuali una legge adeguata a quelle esistenti in Europa). 

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Ah Nichi, Nichi! A chi vuoi darla a bere? Chi ha fatto politica sa bene che quanto si vuole dare dignità ad alleanze improponibili, si tira sempre  fuori “l’accordo programmatico”, con la consapevolezza che un accordo tra fazioni così opposte si può anche sottoscrivere, ma è impossibile nei fatti.

E poi che c’azzeccano, come direbbe l’inviso Di Pietro, le primarie con la sinistra? Come scrive Michele Prospero in un articolo “le primarie sono una maldestra caricatura della politica americana”, altro che “linfa vitale di una partecipazione di massa” come vorrebbero Toaldo e Diletti. Utilizzate senza le giuste condizioni istituzionali e politiche, sono tanto inutili quanto costose. E poi, come scrive sempre Prospero nel suo illuminante articolo “Sulle primarie, sul ruolo dei media, dei sondaggi e dei raccoglitori dei fondi, sulla retorica della iperdemocrazia dei gazebo mi limito a riportare quanto ha scritto un liberale americano, Fareed Zakaria: Se i partiti continueranno a perdere importanza, essere ricchi e famosi diventerà la strada più sicura per conquistare un incarico di prestigio”.

Quindi “i gazebo non c’entrano proprio nulla con la lotta indispensabile per il riscatto dei precari e dei lavori ipersfruttati”. E questa è una grande verità. Perciò, può un leader di sinistra non avere questa consapevolezza? Assolutamente no. Solo che non basta la parola “sinistra” ad affrancare dal contagio del virus che provoca la “sete di potere” e rende l’ego di chi ne è affetto, eccessivamente ipertrofico. 

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