Al “gabbio” gli ultimi due proprietari della Eternit in Italia. Il magnate elvetico Stephan Schmidheiny, (sessantacinque anni) e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne (novantuno anni) sono stati condannati a sedici anni di reclusione. L’accusa è di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche.
De Cartier è reo di disastro ambientale doloso dal 27 giugno 1966, e Schmidheiny dal 18 settembre 1974. L’eternit (leggesi amianto) ha provocato 1.600 morti nello stabilimento di Casale Monferrato (Alessandria), e a Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Napoli-Bagnoli, dove i morti sono oltre 600. Questi gli insediamenti industriali al centro del processo. La sentenza è stata definita storica. Certo arriva in ritardo, ma la salutiamo con piacere, anche se, a dirla tutta, non ridona in pieno significato alla parola "giustizia", perché sedici anni non bastano a compensare quei numeri che parlano di malattia, sofferenze e mancanza di rispetto per la vita umana.
Consoliamoci con il fatto che, almeno in parte, aiuta ad alleviare il dolore di quelle famiglie che hanno vissuto o ancora vivono il dramma delle disastrose conseguenze dell’amianto. Speriamo che non finisca qui e che, finalmente, si apra un capitolo nuovo per la lotta contro l’eternit, perché di magnate abbuffoni e baroni irresponsabili che si arricchiscono sulla pelle degli altri, in giro ce ne sono ancora tanti.


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