Quando si tenta a tutti i costi di ribaltare una frittata, si rischia di fare un’altra frittata. Un esempio? Maurizio Belpietro, direttore di “Libero”, a forza di cercare disperatamente notizie che controbilancino tutti i guai giudiziari del suo editore di riferimento Silvio Berlusconi, sforna da tempo (come d’altro canto fa anche “Il Giornale”) titoli a sensazione, articoli sopra le righe, cercando di coinvolgere anche persone e personalità nemmeno sfiorabili da sospetti di collusione col sistema politico malato e malconcio.
Così il buon direttore, riferendosi in una vignetta al Presidente della Repubblica Napolitano, è riuscito a definirlo, insieme ad altri, “pappone di Stato”. Come a dire “tutti uguali”, tutti sulla stessa barca. La stessa logica patetica di chi, messo alle strette, si difende da precise accuse, ad esempio, di corruzione, concussione, interesse privato in atti d’ufficio e quant’altro. Ma non funziona così.
Belpietro si difende invocando la libertà di satira. Tuttavia questa non è satira: la satira presuppone intelligenza e un minimo di ancoraggio alla verità. Qui non c’è nemmeno l’ombra della furbizia, che è comunque una degenerazione dell’intelligenza; e neppure un lontanissimo ancoraggio ad un episodio o ad un fatto vero. C’è solo un miserevole tentativo di omologare il Presidente della Repubblica ad un modo di essere e di pensare lontano le mille miglia da quello che vorrebbe fosse Belpietro: “così fan tutti”. Troppo comodo, troppo banale.
La satira è una cosa seria, perché serve a far ridere. Non sappiamo se abbia fatto bene la Procura di Milano ad aprire un’indagine per offesa al prestigio e all’onore del Capo dello Stato. Ma sappiamo per certo che, come la politica stessa, anche il giornalismo ha le sue degenerazioni, i suoi massimi punti di caduta: ecco, questo è il cosiddetto fondo del barile; ma quando si arriva così in basso, Procura della Repubblica o meno, è difficile poi risalire. Le pareti del barile diventano viscide così come il suo contenuto; e l’altezza del recipiente rende oltremodo ardua la risalita. Rimane un’ultima cosa da fare, cosa che Belpietro puntualmente ha fatto.
Cercare di giustificare il proprio comportamento con una lettera aperta al Presidente, una “excusatio non petita” che certamente non influirà sulla sua eventuale posizione processuale, ma altrettanto certamente scaverà un solco ulteriore e profondo tra personalità che hanno una loro propria, incontrovertibile dignità, e personaggi che probabilmente non hanno contezza del significato stesso della parola “dignità”.
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